La (vera) piramide del Louvre

La (vera) piramide del Louvre

Leonardo da Vinci, 1452-1519

Sant’Anna con la Vergine e il Bambino, Museo del Louvre, Parigi

Tutti sanno che nel cortile d’ingresso del nuovo Louvre c’è una piramide di cristallo che fa scendere la luce del giorno nel grande foyer. I francesi sono maestri nel giustapporre il moderno all’antico, con effetto di amplificazione esponenziale del valore dell’uno e dell’altro, come dimostra, tra le altre opere straordinarie, la stessa Tour Eiffel. Bighellonando nella grande sala della pittura italiana di quel magnifico museo, tuttavia, si finisce per scoprire un’altra piramide di luce, molto diversa da quella più conosciuta, ma di gran lunga più straordinaria, nel senso letterale di ‘fuori dall’ordinario’. Non c’è una tecnologia moderna, per quanto sofisticata, non ci sono architetti, ingegneri, scienziati ed esperti dell’universo fisico che possano oggi anche solo tentare di riprodurre, sulla base di formule o leggi universali, questo eccezionale manufatto, dotato di personalità autonoma ed eterna, di fascino ipnotico. È un oggetto con potere catalitico sulle emozioni e sui pensieri umani, che ha la capacità di indirizzare immancabilmente verso il sogno, verso il contatto profondo con la bellezza della vita, il senso e l’armonia di questo mondo, il valore delle relazioni, il rapporto del singolo vivente con il tutto.

Si tratta di un quadro, un olio su tavola di un metro e mezzo per uno (Fig. 1), dedicato a Sant’Anna, la madre di Maria, da Leonardo Da Vinci, che lo ha eseguito tra il 1513 e la fine della sua vita, avvenuta nel 1519. Un’opera che mostra più di ogni altra come Leonardo non fosse un uomo comune, e meno che mai un pittore come tutti gli altri. Leonardo guardava molto più avanti del suo stesso tempo; presentiva le epoche imminenti e quelle future, sapeva che lo spazio geografico non era la sola frontiera disponibile dinnanzi alla smania di esplorazione degli umani. Un altro spazio, più complesso e immateriale, quello delle profondità della psiche, si sarebbe aperto molti secoli più tardi ai viaggi di coraggiosi e illuminati sapienti. Intanto, con anticipo visionario, da frenetico dissezionatore di corpi, Leonardo usava il bisturi del genio per intuire e rappresentare quella dimensione profonda, in un volo continuo oltre la materia anatomica, gettando lo sguardo indagatore nel buio luminoso della vita. Usava lo strumento della pittura per rappresentare ciò che non riusciva a dominare con le formule matematiche, che non poteva sottomettere alle regole conosciute della fisica, che non era in grado di far emergere dal marasma del tavolo settorio. La mente e il cuore intuivano significati altissimi nella natura delle cose, percepivano relazioni, movimenti, contiguità tra di esse, e la sua mano instancabile tentava di rappresentarli con l’unico strumento che gli apparisse davvero adatto, senza perderne la gran parte nella semplificazione. Il suo immenso talento nel disegno e nel chiaroscuro lo assisteva in questa quasi disperata operazione di espressione dell’umano. Per Leonardo, la pittura valeva più di qualsiasi filosofia.

Lo spirito vitale che pretende di uscire dal circuito individuale nel quale si agita, per fissarsi nel mondo fisico, che smania di evadere dal buio della singola mente per emergere innanzi agli occhi di tutti, quello spirito forsennato che si presentò alla storia per la prima volta sulle pareti delle grotte di Lascaux in forma di linee delicate tracciate con pigmenti terrosi, ha trovato in Leonardo due eccezionali e forse irripetibili presupposti per venire alla luce: una straordinaria vigoria dello scandaglio interiore, in convivenza con un immane talento espressivo: ecco come nasce questa ‘Sant’Anna’, il testamento spirituale di uno dei più grandi talenti mai nati sulla terra.

Il soggetto sarebbe assolutamente ordinario, ma la sua regìa pittorica, le scelte coreografiche e scenografiche della rappresentazione sono lontanissime da qualsiasi concezione tradizionale. Quattro esseri viventi, due donne, un bambino, un agnello, formano un gruppo armonico, legati da un destino comune, una catena generazionale e karmica che è un fatto, ma non una condanna. I personaggi sono paradigmi di umanità, perché sulla tavola, attraverso il gesto ispirato di Leonardo, scende e si materializza la vibrazione profonda della vita, la vita di tutti, non solo quella di Anna o Maria.

Anna è la nobiltà, la solennità, la forza della saggezza che illumina l’età matura; Maria è la meraviglia, la sincerità, la timidezza della giovinezza, ma anche la trepidazione e l’orgoglio di una madre per la sua creatura, la delicatezza e la forza che convivono e si dibattono in eterno in ogni sentimento d’amore; il bambino è il paradosso incarnato dell’innocenza infantile, intrecciata con la tremenda consapevolezza di una missione. È impossibile far coesistere elementi così difformi e antitetici, concreti e volatili, lineari eppure intricati, personali e intimi ma al contempo universali, nel medesimo quadrato di materia cromatica: eppure Leonardo trova l’ispirazione per riuscirci, proponendo una sintesi fluida, perfetta. Dipinge e propone la vita complessa così com’è, senza risparmiare nulla della sua profondità, senza sottomettersi alla sconfitta della semplificazione, trovando persino il modo -e qui esplode oltre ogni immaginabile limite il suo genio- di offrire un senso, un significato, che evidentemente ha intuito e ci racconta con la sua sintassi di forme e colori.

Anna è il poderoso architrave del quadro, il personaggio portante. In lei esperienza e consapevolezza, solidità e dolcezza si mescolano in una lega formidabile, in grado di sostenere le sorti dell’intera famiglia umana. È madre della madre, quindi doppiamente attraversata dal flusso caldo e vivificante del sentimento d’amore. Da lei parte e discende rapido a inondare le figure più in basso, lungo l’alveo accogliente e dolcissimo tracciato dagli sguardi. Anna guarda Maria tenendola sulle ginocchia e Maria guarda il suo piccolo, che con tenerezza e naturalezza infinite cerca di salire in groppa al capretto, come ogni bimbo vorrebbe fare. Non c’è tensione, non c’è paura, solo amore e coraggio, che insieme si fondono in un’unica forza che muove l’universo e si chiama compassione. È questa la vera, autentica energia che dà la vita e che la vita alimenta. Questa è la forza del quadro, che non è un quadro, non può esserlo: diventa un messaggio per tutta l’umanità. La realtà naturale oggettiva, la cui solida presenza si avverte nella cortina monumentale dei monti azzurrini sullo sfondo e nella tattile concretezza delle rocce su cui l’intero gruppo si poggia, non è l’unica visione possibile, non è una prigione senza uscita. Piuttosto è cornice elegante e misteriosa, è basamento e capitello di pilastri di ben altra potenza nel sorreggere la volta del mondo.

A mantenere davvero il rapporto di equilibrio tra terra e cielo è la dimensione emotiva- il sentimento di infinita tenerezza che fluisce ininterrotto tra le figure, aumentando ad ogni rimando, a ogni sguardo, ogni gesto, ogni mossa. Quella dimensione, più che la cogenza dei fatti, la pressione delle vicende, dei ruoli, dei destini, li tiene uniti e solidali, li rende umani e bellissimi. La sinfonia dei sentimenti è un varco attraverso cui la luce del divino sgorga come una sorgente d’acqua chiara nel mondo degli umani e s’impasta alla materia terrena come il sonno e la veglia, la realtà e il sogno, la ragione che misura e soppesa e l’emozione che sgorga senza controllo.

La struttura piramidale, con la bellissima testa di Anna al vertice e il gioco dolce di piedi e zampette alla base, col corpo centrale riempito dal panno cobalto che avvolge Maria in uno scampolo di cielo in terra, e le morbide diagonali di amore lungo le braccia che tengono il bimbo, inonda di luce azzurrina l’intero salone, l’intero Museo, più di qualsiasi moderno lucernario.

La vera Piramide del Louvre l’ha realizzata un italiano: è la piramide della compassione infinita, la piramide della vita.

È molto meglio di quella di vetro.

Figura 1. Leonardo da Vinci, Sant’Anna, la Vergine e il bambino con l’agnellino. Museo del Louvre, Parigi.