
Il supplì per i romani conta più o meno come il Colosseo, fa atmosfera, folclore, casa. Nessuno si sognerebbe di chiederne uno altrove, in Italia, dove le polpette di riso assumono nomi, forme e contenuti diversi. A Roma, invece, il supplì è una pietanza semplicissima da trovare, praticamente la offre ogni friggitoria, pizza al taglio, pizzeria, gastronomia o forno che si rispetti; al tempo stesso, però, diventa sempre più raro trovarne di buona qualità. Semplicità non vuol dire sciatteria, con la quale troppo spesso purtroppo viene confusa. E il supplì è un alimento solo apparentemente semplice da preparare: per essere perfetto deve assommare in sé i gradi di perfezione dei singoli elementi di cui è fatto. Il riso, che deve essere cotto a puntino, resistente ma non troppo duro; il sugo, che deve essere saporito e ricco, alla carne di manzo possibilmente, ma non protagonista invadente; la mozzarella, non del tutto fusa ma filante; la doratura, non intrisa ma croccante. Realizzare il supplì perfetto è meno facile di quanto sembri e, oggi, a Roma, nessuno lo fa più.
Nessuno? Non proprio. Venanzo Sisini, dal 1978 attivo a Trastevere e dal 1986 a Piazza Re di Roma, per esempio, ci riesce ancora perfettamente e i romani lo sanno, visto che affollano il suo locale nella popolare piazza dell’Appio-Latino, accorrendo da tutta la città. La “surprise” (sorpresa, in francese) cui si attribuisce l’etimologia del nome, derivante dalle espressioni compiaciute dei primi soldati napoleonici che ebbero modo di assaggiarli, è ancora l’emozione più forte che suscitano i supplì di Venanzo. Sorpresa di sentire un profumo, una consistenza, un sapore che insieme parlano la stessa lingua, la lingua di Roma. Solo, attenzione. Una volta assaggiati è difficile smettere. Pensateci bene.
La Casa del supplì, Piazza Re di Roma, 20