
Ho letto un bel libro, ma bello davvero. Una storia che sembra di fantasia per quanto è incredibile e invece è totalmente autentica, divertente ed emozionante in parti uguali, sapientemente miscelate tra loro, come accade nei cocktail migliori.
E’ scritta in un modo che le calza a pennello: capitoli brevissimi, fulminei, agganciati tra loro dai titoli ad effetto. Sembrano, e non credo sia un caso, le scene di un film.
Leggendo, non diresti di avere un libro tra le mani ma piuttosto di essere al cinema, davanti a uno schermo su cui passano immagini cucite in rapida successione.
Il ritmo si appoggia con dolcezza sul discorso diretto, schietto e onnipresente, ad alleggerire la struttura, lieve e solida allo stesso tempo.
I dialoghi tra i tanti personaggi danno l’impressione di sentirne la voce e permettono di ridurre al minimo indispensabile gli inserti puramente narrativi.
Le sequenze sfilano come in un film d’azione e l’azione certo non manca: è il racconto di un viaggio, di un torneo di calcio giocato in Giappone da una improvvisata nazionale italiana di ragazzi con disagio mentale e del film-documentario che i due autori, registi, sceneggiatori hanno realizzato, in condizioni estreme, su questa magnifica storia di solidarietà umana e di amicizia.
L’azione però, i fatti serrati l’uno all’altro in un’unica grande partita contro il tempo, la mancanza di fondi, la malattia e gli avversari in carne e ossa sul campo di calcio, è solo un gigantesco pretesto per mostrare agli occhi del sempre più coinvolto lettore il vero grande protagonista del racconto: la relazione umana.
La relazione fraterna e solidale tra i due autori, che si lanciano a capofitto in un’impresa contro ogni logica e convenienza, ma di gigantesco valore umano e professionale; la relazione di loro due con lo psichiatra-mentore-commissario tecnico Santo Rullo, vero ispiratore del viaggio, eroe metropolitano in camice bianco e scarpini; la relazione di questi tre con Vincenzo Cantatore, ex campione del mondo di pugilato, preparatore atletico e motivatore straordinario, riferimento etico e sportivo del gruppo; la relazione di tutti con Mister Zanchini, generoso maestro di calcio e di vita, timoniere impavido della sgangherata spedizione.
Soprattutto, al centro c’è la relazione tra questo gruppo assortito di accompagnatori e la squadra, i ragazzi, calciatori dilettanti ma esseri umani professionisti ed esperti di quel tremendo disagio che solo lo stigma ancora legato alla malattia mentale può dare.
Ognuno alle prese con la propria sofferenza e la propria difficoltà, ognuno in partita quotidiana con l’oscurità della propria vita, i ragazzi con la maglia azzurra dimostrano che la relazione è pura e semplice energia in transito tra gli umani e che liberarla dalle catene con cui la malattia a volte la stringe ha un potere più forte e duraturo di qualsiasi terapia: è la vera finale in cui si vince o si perde la coppa. E in questa partita sfuma il confine tra la normalità e il suo contrario: si gioca tutti alla pari. Leggetelo anche voi, ne vale la pena.
Crazy for football, Francesco Trento e Volfango de Biasi, Longanesi.